In un mondo sovraccarico di informazioni, l’arte di comunicare efficacemente diventa sempre più un’abilità preziosa. Comunicare efficacemente è come eseguire una danza complicata in un palcoscenico globale: ogni passo, ogni movimento ha un significato. E uno degli ostacoli più insidiosi in questa danza è un concetto tanto comune quanto sottovalutato: la familiarità.
La familiarità è la nostra tendenza a sentirsi più a proprio agio con concetti, idee o informazioni che ci sono già noti o che abbiamo incontrato ripetutamente. Questa sensazione di comfort e riconoscimento può influenzare la nostra percezione e la nostra risposta ad un determinato messaggio.
Un’indagine recentemente condotta dal rinomato docente di Harvard, John Kotter, ha portato alla luce un dettaglio stupefacente: nel corso di soli tre mesi, un dipendente medio viene inondato da un’enorme mole di 2,3 milioni di stimoli, compresi tra parole e numeri. Di fronte a tale diluvio informativo, risulta sorprendente osservare come gli stimoli relativi all’innovazione o alla trasformazione di una situazione preesistente siano espressi attraverso un contenuto circoscritto di appena 13.400 tra parole e numeri. In altre parole, solo il 5,8% di ciò che comunichiamo si focalizza sul superamento di ciò che è già conosciuto e familiare.
Questa cifra sembra quasi insignificante rispetto al grande volume di informazioni che i dipendenti ricevono ogni giorno.
Questo ci porta al cuore dell’Effetto della Mera Esposizione, un fenomeno identificato dallo psicologo Robert Zajonc. L’essenza di questo concetto è che tendiamo a favorire ciò che ci è familiare. Questo ci può essere d’ostacolo quando tentiamo di introdurre nuove idee o cambiamenti, poiché le persone possono mostrare resistenza o scetticismo verso concetti che non riconoscono o che percepiscono come estranei.
La sfida, dunque, è trovare un equilibrio: come possiamo integrare nuove informazioni in un contesto che già ci è familiare, in modo da rendere le nuove idee accattivanti e comprensibili? La chiave potrebbe risiedere nell’arte di mescolare ciò che è familiare con ciò che è innovativo. Intrecciando le nuove informazioni con quelle già conosciute, possiamo creare un ponte tra il noto e l’ignoto, facilitando l’accettazione e la comprensione.
In conclusione, in un’epoca caratterizzata da una sovrabbondanza di stimoli e di comunicazione, diventa imperativo per i comunicatori non solo trasmettere un messaggio, ma farlo in modo che risuoni nell’uditorio. La familiarità può essere una lama a doppio taglio: può aiutarci a sentirci a nostro agio, ma può anche intrappolarci in un ciclo di ripetizione. Per innescare un cambiamento vero e profondo, dobbiamo imparare a navigare sapientemente tra questi due estremi, abbracciando la familiarità come un alleato, ma senza permetterle di limitare il nostro potenziale innovativo.